Colt 1911 A1
Scheda di Pat - arma fotografata della sua collezione privata.
Un’altra 1911? Ma perché?
Effettivamente, di quest’arma abbiamo già parlato parecchio, qui e qui.
E allora, torniamo alla domanda di partenza: perché ancora una 1911?
Una risposta sincera sarebbe: perché mi piacciono. È un’arma fantastica, su cui
si può sempre scrivere qualcosa. D’altronde, è l’unica pistola a cui sia mai
stato accreditato l’abbattimento di un aereo. Il 31 marzo del 1943, nei cieli
della Birmania, un B-24 dell’US 7th Bombarder Group venne attaccato da uno
stormo di Zero giapponesi e gravemente danneggiato. Il copilota, 2Lt Owen
Baggett, riuscì a tenere in volo il bombardiere fino a che tutti i membri
dell’equipaggio si furono lanciati col paracadute e poi si gettò a sua volta. I
piloti giapponesi iniziarono a mitragliare gli americani appesi ai paracadute.
Baggett venne ferito ad un braccio e decise di fingersi morto, nella speranza di
non essere più considerato un bersaglio utile. Tuttavia, uno dei piloti degli
Zero iniziò a girargli intorno, avvicinandosi moltissimo, per assicurarsi che
fosse davvero morto. Baggett sparò allora 4 colpi della sua Government verso
l’abitacolo: l’aereo andò in stallo e precipitò. I giapponesi riferirono in
seguito che il pilota era stato ucciso da un unico proiettile alla testa.
Baggett terminò la guerra in prigionia.
Certo, gli aneddoti sono interessanti, e a volte avvincenti. Ma né loro né le
mie preferenze personali sono un motivo sufficiente per una scheda. Ci deve
essere dell’altro, qualcosa che possa suscitare interesse in un numero elevato
di frequentatori di un sito che parla di ex-ordinanza. Cioè, essenzialmente,
storia e tecnologia (oltre che passione). E da questo punto di vista, quest’arma
ha molto da raccontare, soprattutto come espressione dei tempi in cui fu
realizzata. Vediamo dunque la sua storia, e partiamo dall’inizio…
Col senno di poi, oggi possiamo dire che, verso la fine degli anni Trenta del
secolo scorso, i segni che potevano far ritenere inevitabile lo scoppio di una
guerra entro breve tempo c’erano tutti. Nonostante ciò, un po’ perché le cose
viste “dal di dentro” spesso non sono così chiare e un po’ perché ampi settori
dell’opinione pubblica e (purtroppo) dei politici di tutto il mondo per paura
e/o ingenuità arrivarono a rifiutarsi di prendere atto della situazione e
preferirono infilare la testa sotto la sabbia, la maggior parte delle Nazioni
del mondo fu colta del tutto impreparata dalla rapidità e dalla violenza
dell’attacco della Germania e dei suoi alleati. Un’impreparazione non solo
politica, ma anche culturale, militare, logistica e tecnologica. Questa
situazione si verificò per la Francia e la Gran Bretagna del 1940 (e già è
sorprendente), ma si ripeté praticamente allo stesso modo negli USA alla fine
del 1941 (e questo è quasi incomprensibile).
Comunemente si pensa agli Stati Uniti dell’epoca come ad una Nazione
potentissima, pronta a scatenare la sua forza economica e industriale
lanciandosi nel conflitto. Non era così. Le sue capacità erano sicuramente
enormi, ma potenziali. L’America era da poco uscita dalla Grande Crisi, era un
Paese in gran parte agricolo, con un’industrializzazione forte e in crescita, ma
non onnipotente. E le Forze Armate non erano né la sua punta di diamante, né il
centro dei suoi interessi.
Solo a partire dal 1940 si iniziò a pensare di rafforzare l’apparato militare.
Ma nonostante ciò, il 7 dicembre del 1941 gli USA si ritrovarono
bruscamente trascinati in guerra, per di più colpiti da un attacco che sferrò un
colpo quasi mortale. Se nel porto di Pearl Harbour quel giorno si fossero
trovate anche le portaerei (che sarebbero state sicuramente affondate o comunque
danneggiate molto seriamente), la storia della guerra nel Pacifico sarebbe stata
molto diversa.
Quello che gli Stati Uniti seppero fare fu proprio realizzare in un arco di
tempo incredibilmente breve un sistema produttivo enorme, che sotto la guida di
un’amministrazione al tempo stesso energica e flessibile e con il supporto di
una rete di imprese private ben gestite raggiunse livelli incredibili, se è vero,
come è stato riportato, che alla fine della guerra, nel 1945, l’industria
americana era in grado di mettere in campo una nave al giorno e un aereo ogni 5
minuti…
La pistola fotografata in questa scheda, che è della prima metà del 1943, è un
bell’esempio di questa crescita produttiva e dei livelli qualitativi che,
nonostante i grandi numeri, vennero sempre assicurati.
Nel 1918, alla fine della Grande Guerra, le forze armate americane furono in
gran parte smobilitate. Il personale dell’esercito venne portato a meno di
150.000 unità, e tale rimase per tutto il periodo fra le due guerre. Dato che
anche la marina e il corpo dei marines subirono analoghe riduzioni, il numero di
pistole rimaste dopo il conflitto fu più che sufficiente alle esigenze del tempo
di pace; la produzione venne sospesa e l’unica attività rimasta fu quella
dell’Arsenale di Springfield, che si occupò del ricondizionamento e della
manutenzione di queste armi utilizzando i pezzi di ricambio rimasti nei suoi
magazzini. Con questi stessi ricambi fu realizzata anche qualche pistola
completamente nuova, ma in numero estremamente limitato. La produzione rimase
sostanzialmente azzerata per un ventennio. Tuttavia, nel 1940 divenne
impossibile ignorare le nuvole nere che si andavano addensando all’orizzonte.
Verso la fine dell’anno venne istituita per la prima volta la leva in tempo di
pace e venne avviato un programma di grandi manovre di addestramento;
l’improvvisa nuova crescita del numero degli uomini in uniforme rese necessaria
l’acquisizione di nuove armi, che tuttavia partì in sordina. Nel dicembre del
1941, la Colt era arrivata a produrre 5000 “Government” militari al mese. Un
numero piuttosto basso. Per questo la produzione bellica venne affidata anche ad
altre ditte. Ma la Casa di Hartford, come tutta l’industria statunitense,
aumentò in modo impressionante la propria produzione, arrivando a realizzare,
fra il 1941 ed il 1945, 629000 esemplari di 1911 A1, e riuscendo, nello stesso
periodo, a garantire la fornitura di mitragliatrici (MG38, MG38B, M2), fucili
(BAR M1918 e M1918 A1) e revolver (Commando), nonché a studiare un cannone
sperimentale da 20 mm. A questi numeri vanno aggiunti gli esemplari prodotti per
la vendita sul mercato civile e acquistati dall’amministrazione militare. Gli
USA, attraverso la Colt, altri tre grandi produttori (Remington Rand, che prima
della guerra faceva macchine da scrivere, Ithaca, che produceva fucili da caccia,
e Union Switch & Signal, che realizzava materiali ferroviari) e alcune ditte
minori, arrivarono a produrre, nel periodo compreso fra il 1941 e il 1945, un
totale di 1.874.353 pistole di questo tipo.
Per illustrare l’entità dell’incremento delle capacità dell’industria americana
ho realizzato, basandomi sui dati disponibili in letteratura, un grafico che
illustra l’andamento della produzione delle 1911 e 1911 A1 dal 1912 (anno di
inizio produzione, indicato come “1” nello schema) al 1945 (che coincide con la
fine delle commesse militari, indicato come “35”; il numero “32” non è un anno,
ma un lotto di 125.000 pezzi realizzato dalla Remington Rand a cavallo fra il
1942 e il 1943 che non può essere chiaramente suddiviso fra i due anni). Il
passaggio dal numero 30 (1942) al 33 (1943) è davvero impressionante…
Vediamo quindi, attraverso questo esemplare, quale livello qualitativo era riuscita a mantenere la Colt passando, in poco meno di un anno e mezzo e senza preavviso, ad un aumento di oltre 7 volte del numero di armi prodotte/anno. Se questo è un “war finish”, averne tanti…
Come sempre, il lato sinistro lo abbiamo visto nell’immagine di apertura. Qui possiamo osservare il destro:
Mentre le Colt 1911 della Grande Guerra erano brunite e avevano le guancette in legno, le 1911 A1 avevano una finitura parkerizzata e guancette in plastica. Inoltre, erano state introdotte delle modifiche alle mire, al mainspring housing, al cane ed al grilletto.
Restando sul lato destro, e passando ad esaminare le scritte, sul fusto, dietro la guancetta, si trova questo punzone:
È il marchio di ispezione dell’Ordnance Department, utilizzato dalla metà del 1942 in poi su tutte le pistole, fatta eccezione per quelle della US&S. E’ impresso solo parzialmente, ma – per motivi del tutto sconosciuti - questa è praticamente la regola. Comunque, deve sempre essere visibile, anche se non completo. Il disegno intero era questo:
Sempre sullo stesso lato del fusto, ma davanti alla guancetta, si trovano invece la scritta “UNITED STATES PROPERTY” e la matricola:
La matricola è compresa nel range
916405-958100, che faceva parte di una numerazione assegnata alla Remington
Rand, ma che, a causa di un errore dell’Ordnance Department, anche la Colt
impresse sulle sue armi (il problema si verificò anche per dei lotti assegnati a
Ithaca e Union Switch & Signal…). La pistola fotografata è però sicuramente
tutta Colt, in base a tutte le altre caratteristiche.
Più avanti, oltre il perno dell’hold open, si trova la scritta “M 1911 A1 U.S. ARMY”;
sotto questa scritta, in corrispondenza della radice del ponte del grilletto,
c’è una fila di punzoni che identificano il passaggio al banco di prova tedesco
di Mellrichstadt nel 1993. Sul ponte del grilletto si trova il numero “70”, che
corrisponde all’Assembler’s mark;
quello più sotto, è il punzone di un importatore tedesco (Frankonia) e non ha
nulla a che fare con la storia “militare” dell’arma.
Passiamo al lato sinistro. Sul carrello si osserva una serie di scritte, su due righe, separate dal cavallino della Colt: a sinistra sono riportati i brevetti: “patented apr.20.1897.sept.09.1902 / dec.19.1905.feb.14.1911.aug.19.1913 ”, mentre a destra del logo ci sono i dati della ditta: “colt’s pt.f.a.mfg.co. / hartford, ct. u.s.a”:
Sempre sul carrello, si trovano altri due punzoni. Uno è la lettera “P” davanti alla tacca di mira: rappresenta il marchio che veniva impresso il giorno della prova a fuoco della pistola e si trova anche sul fusto, vicino al pulsante di sgancio del caricatore. Si conoscono “P” di diverse dimensioni, ma quello che è importante è che nelle armi che ne portano più di uno questi marchi siano tutti uguali, dato che venivano impressi con il medesimo punzone.
Il secondo punzone è più difficile da trovare; per farlo è necessario smontare l’arma. Sotto la piastrina che tiene in sede il percussore, su due file, c’è la matricola. È una caratteristica della produzione Colt dalla matricola 710001 alla 1140000 circa (anni 1937-1943).
Sul fusto si trovano la “P” della prova a fuoco (sotto il pulsante di sgancio del caricatore) e le lettere “G.H.D.” (sotto la leva dell’hold open), corrispondenti alle iniziali del Brigadier Generale Guy H. Drewry, ispettore della produzione Colt dalla matricola 845000 alla 2360600 (anni 1942-1945) e – nello stesso periodo – anche della Smith & Wesson, come abbiamo visto qui
Infine, sul ponte del grilletto ci sono il marchio dell’ispettore finale Colt (inspector’s stamp), in questo caso una W capovolta, e il Colt verified proof (punzone di verifica della Colt):
Come abbiamo già spiegato parlando della
Remington Rand, la rigorosa intercambiabilità delle parti pretesa dalle
Forze Armate statunitensi faceva sì che fosse possibile smontare
contemporaneamente più armi e poi rimontarle più o meno alla rinfusa, ottenendo
combinazioni collezionisticamente non corrette. Anche nel caso della Colt,
bisogna prestare particolare attenzione a varie minuterie che, inizialmente
zigrinate, vennero in seguito prodotte da diverse fabbriche con una semplice
rigatura, in modo da consentire di risparmiare una lavorazione (ad esempio, sono
solo rigati i mainspring housing della
Colt a partire dal 1944 e gli hold open
dal 1945). In una Colt del 1943 in configurazione di fabbrica,
hold open, mainspring housing,
cane e leva di sicura devono essere zigrinati:
Il cane è – correttamente – zigrinato e largo, cioè tipo-1911; divenne più
stretto (tipo-1911A1) solo più tardi, dal 1944, a partire dalla matricola
1700000 circa.
Lo smontaggio delle pistole tipo 1911 è descritto ovunque. Ad esempio, qui. Il risultato finale dello smontaggio da campagna della pistola è questo:
Sulle parti così disassemblate è possibile fare ancora qualche rilievo. Sul fusto è visibile una “G”, impressa prima della finitura dei pezzi, che costituisce un marchio di ispezione e indica che la pistola è stata prodotta per soddisfare un contratto Governativo:
La stessa “G” si osserva anche sulla faccia inferiore del carrello, lungo il lato destro (sinistro guardando da sotto); da qui, procedendo in senso antero-posteriore, si vedono poi altri marchi: una “X” e una “U” che identificano alcuni sub-ispettori (sconosciuti) che effettuavano controlli in vari stadi della produzione e un marchio “U/N”, più comune, comunque indicativo di un’ispezione durante il processo produttivo. Il significato preciso di questi marchi è oggi ignoto, tranne che per la “N”; questo punzone venne applicato dal 1937 circa fino alla fine della produzione, per indicare il passaggio dal vecchio acciaio di Classe “C” a quello SAE 1035.
Cliccare sulle
Il caricatore è quello standard delle 1911 A1; in quelli originali Colt, a differenza di quelli utilizzati da altre case produttrici, sulla parte sporgente della base non deve essere presente alcuna lettera.
Le guancette erano prodotte dalla stessa Colt, in una resina plastica
proprietaria (chiamata “Coltwood” e utilizzata da marzo 1941 fino alla fine
della WWII), di colore marrone scuro, con
anelli di rinforzo grandi e costolatura interna di sostegno. Sono del tipo noto
come “Tipo 2, 3a variante”. Gli anelli sono più grandi e la
zigrinatura è un po’ più grossolana e con cuspidi più acuminate di quelle
montate dalla Remington Rand o dalla Ithaca. Sulla faccia interna c’è un numero
(un “4” su quella di sinistra e un “11” su quella di destra) che corrisponde al
numero dello stampo utilizzato per fabbricarle.
Cliccare sulle
Per finire, la canna è una originale Colt coerente con il periodo di produzione dell’arma. Sul lato sinistro dello zoccolo è impressa una “P”. Poco più sopra, a livello della camera di cartuccia c’è la scritta “COLT 45 AUTO”, che dimostra che si tratta di una canna originale della WWII. Sulla faccia inferiore, davanti ai tenoni di supporto della bielletta, c’è una “F”, che compare in questa posizione sulle canne Colt a partire dalla matricola 930000 circa (prima c’era la “G” governativa, ma dato che le vendite commerciali erano state sospese dal 23 gennaio ’42 per ordine del governo, non c’era più bisogno di fare la distinzione e la “G” scompare dalla matricola 935000 circa. Nel campo 930-935000 ci sono tutte e due le lettere).
Cliccare sulle
Sulla parte frontale della patta è stampata a caldo la sigla “US” (o, molto più raramente, “USMC”) in un ovale. Sul retro sono invece impressi, sempre a caldo, il nome del produttore e l’anno di fabbricazione (in questo caso, Boyt 43).
La chiusura è assicurata da un perno in ottone destinato ad entrare in un’asola della patta. Le cuciture sono in filo cerato. Prodotta a partire, appunto, dal 1916, è rimasta in servizio fino al 1984, quando venne sostituita dal modello M12 (studiato e prodotto dalla Bianchi International), in nylon, adatto a contenere sia la nuova Beretta M9 che le vecchie 1911 A1 ancora in servizio.
La fondina è realizzata in cuoio marrone-rossiccio per finimenti e contiene all’interno uno spessore in legno di pioppo o acero, ricoperto in pelle, destinato ad impedire l’azionamento accidentale del pulsante di sgancio del caricatore. A partire da 1956 venne imposta la colorazione nera delle buffetterie, quindi capita di trovare fondine prodotte magari già durante la Prima Guerra Mondiale, ma nere. Secondo alcuni la colorazione nera era già stata prescritta dal 1944, ma senza essere mai applicata. Sul retro della fondina è cucita una placca in cuoio dotata sia di passanti per la cintura che del gancio in filo metallico per la sospensione ai fori del cinturone regolamentare. Spesso fra questa placca in cuoio e il corpo della fondina veniva semplicemente infilato il fodero di un trench knife, ottenendo una combinazione comodissima e micidiale. All’estremità inferiore si trova il foro per il passaggio del laccio cosciale, originariamente in pelle di alce, che in questo caso manca.
La fondina veniva appesa al cinturone di ordinanza (Model
1910 Pistol Belt e successive varianti), in tessuto, caratterizzato dalla
presenza di tre file orizzontali di occhielli metallici a cui era possibile
fissare, in varie posizioni, anche il fodero della baionetta, il pacchetto di
medicazione, il pugnale, la borraccia e, in alcune versioni, anche la sciabola…
Inoltre, a livello del gancio" femmina" della fibbia era rivettato un bottone a
pressione per ricevere il corrispondente bottone della giberna per i serbatoi
della pistola o della carabina. Altri elementi metallici permettevano di evitare
lo sfilacciamento del cinturone stesso, regolare la circonferenza intorno alla
vita e assicurare la chiusura in sostituzione di una fibbia tradizionale. Sulla
parte frontale è stampata a inchiostro la sigla “U.S.”.
La Modello 1916 non è stata comunque l’unica fondina utilizzata per questa pistola:
Esisteva infatti anche una versione ascellare, sempre in cuoio, con parti metalliche in ottone. Denominata ufficialmente M3 shoulder holster, venne autorizzata nel 1942 per gli equipaggi degli aerei e in seguito fu utilizzata anche da altri (come ad esempio i carristi, ma non solo) che trovavano la Modello 1916 troppo ingombrante. Sulla faccia anteriore si trovava il marchio “US” in un ovale, mentre su quella posteriore, in alto a sinistra, erano indicati il produttore e l’anno (in questo caso ENGER-KRESS 44).
Cliccare sulle
Siamo arrivati alla fine. Per concludere, non resta che inserire la tabella dei dati tecnici…
Marca e Modello |
Colt 1911 A1
|
Calibro |
.45 ACP |
Numero di colpi |
7 + 1 in canna |
Lunghezza complessiva |
215 mm |
Peso (arma scarica) |
1102 g |
Lunghezza della canna |
127 mm |
Rigatura |
6 righe sinistrorse |
… e lasciarci con una foto d’insieme in cui si vedono altri due piccoli accessori: una bacchetta di pulizia della WWII in acciaio (quelle della Grande Guerra erano in ottone) e il classico cacciavite/cacciaspine a “L”:
Bibliografia:
Articoli:
Paolo G. Motta;
United States Property; Armi e Balistica; 2015; 04;
34;
Roberto Patrignani;
Un contorno da sogno; Armi e Tiro; 2011; 07; 112;
Diego Bigai; Al fianco dei G.I.; Armi Magazine; 2001; 06; 120;
Francesco Battista; Automatic
Pistol Caliber .45 - Model of 1911 - Legend!; Tac
Armi; 2004; 10; 40;
Marco Calcagno; Colt 1911 A1; Milites; 2003; 02; 42;
Libri:
Joe Poyer – Craig Riesch (ed.)
– For Collectors Only – The Model 1911 and Model
1911 A1 Military and Commercial Pistols – North
Cape Publications, Tustin, California (USA), 2008
Eugene J. Bender – Military
Holsters of World War II – Taylor Publishing
Company. – Dallas, Texas (USA), 1984
Leroy Thompson –
The Colt 1911
Pistol – Osprey Publishing Ltd., Oxford, 2011
Siti Internet:
http://www.coltautos.com/1911.htm